di Diego Penna / “Da grande farò il libraio”. No, non mi è capitato molto spesso di sentire questa frase uscire dalle labbra di un bambino.
Il libraio. Certo, niente a che vedere con il fascino dell’astronauta, del calciatore, del veterinario. Della ballerina. Ho sentito addirittura bambini affermare con disarmante certezza di voler diventare architetto. Ma libraio, quello proprio no, mai.
Da adulti però si cambia. “Beato te. È sempre stato il mio sogno aprire una libreria”: è questa la frase che – secondo una statistica del tutto personale – il cinquanta per cento dei clienti di una libreria pronuncia almeno una volta. Sarà che sia i bambini che gli
adulti due conti in tasca sanno farseli, sta di fatto che in Italia le librerie che chiudono sono sempre più di quelle che aprono. Ed ora sì che il libraio, così come il maniscalco o il ciabattino, è entrato nella sfera immaginifica dei mestieri pericolosi ed avventurosi.
“Uno sta a inventare una medicina contro la caduta dei capelli e contro il dolore in un paese dove uno senza capelli dice che la via della salvezza è il dolore” dice Massimo Troisi nel film Le vie del Signore sono finite, ambientato in epoca fascista. Utopia allo
stato puro, una sfida alle leggi del mercato e del buonsenso, quella quotidiana del libraio che tenta di vendere libri in un paese con il più basso numero di lettori in Europa.
Altro che astronauta! Quando la mattina io e mia moglie Nadia apriamo la porticina rossa della nostra Libridine ci sentiamo un po’ come Neil Armstrong e compagni che si abbassano la visiera del casco prima di imbarcarsi sull’Apollo 11: via, verso l’ignoto spazio alla conquista della Luna e di nuovi lettori. Sprezzo del pericolo & pazienza.
Tanta pazienza. Mai troppa ma, per fortuna, sempre abbastanza.
Già. Perché queste sono le doti di un buon libraio tenuto a fare i conti ogni qual volta deve fare un ordine un po’ più sostanzioso. Lì non si può sbagliare. I titoli dei nuovi rifornimenti devono essere scelti con cura, così come le quantità. Ordinare e pagare troppe copie di un titolo che, come si dice in gergo tecnico, ti rimane sopra allo stomaco, è come perdere la bandiera prima di poterla conficcare sul suolo lunare: un fallimento per l’intera missione.
Eppure il libraio ha due armi sulle quali contare: l’istinto e la conoscenza dei gusti del lettore. Già, perché non puoi essere libraio se non sei prima un lettore, soprattutto se non appartieni a nessuna grossa catena commerciale.
In quel caso il rischio è minimo. Se sei indipendente sei tu e tu, da solo, con l’elenco delle novità da ordinare per la prossima stagione.
Vietato sbagliare. Conosci gli autori, per la maggior parte. Conosci i tuoi clienti e i loro gusti. L’equazione è facile, il rischio è calcolato. Fai incetta degli autori più venduti, scegli con cura gli sconosciuti che secondo il tuo istinto si faranno strada. Hai un minimo di esperienza in questo. Ma l’incognita è sempre dietro l’angolo.
La variabile impazzita viaggia sul web e si concretizza da un lato nelle decine di blog dedicati alla lettura che di tanto in tanto lanciano un autore che il giorno prima nessuno si filava, e che da un momento all’altro tutti cercano. Dall’altro si manifesta sotto forma
di youtuber, quello di turno, ovvero quel personaggio che senza aver mai aperto un libro in vita sua si ritrova ai vertici delle classifiche di vendita e spariglia le carte.
“È la stampa, bellezza” ti ricorda una vocina nella testa che cita Quarto potere. Ed io sono un fesso, dici a te stesso, per aver pensato che Ishiguro, Calasso e Roth potessero vendere più di un paio di ragazzini che insegnano ai nostri figli a fare lo slime su
Youtube.
Del resto il mondo cambia e tu non ci puoi fare nulla. Cambiano i gusti e le abitudini ed il libraio, alla fine, è divenuto il custode di un piccolo tempio dedicato alla “libridine”, a quel piacere intenso che solo toccando e annusando la carta stampata, dà una scossa alle endorfine di ogni vero bibliofilo.
Quale è il senso di tutto? Datemi ancora qualche riga, e cercherò di spiegarmi: che la tua presenza in questo mondo così mutevole non sia inutile, o antiquata, lo capisci quando varcano la soglia della libreria piccoli gruppi di giovanissimi, intrepidi ricercatori di autori inusuali e raffinati, capaci di scavare e spulciare per ore tra i titoli nuovi ed usati alla ricerca di quello che ancora considerano dei piccoli tesori. È quando vedi un quindicenne con gli occhi che brillano perché tiene stretta tra le mani una raccolta vintage di racconti di Pavese che capisci che il mondo, magari non solo quello della cultura, può essere ancora salvato dai ragazzini.
NB. Per la stesura di questo articolo nessun congiuntivo è stato ucciso e neanche maltrattato grazie ad una costante immersione nei libri.
Diego Penna, della libreria Libridine di Portici.
Diego Penna, che da grande vuole fare il libraio.