di Valeria Bove / Un libro parla in tanti modi diversi e a tanti interlocutori diversi: al cuore, alla pancia, al cervello, ai Sè del passato e a quelli ancora da venire. A Librincircolo ci siamo occupati della particolare lingua che parla un libro. Una lingua che tesse trame, ambientazioni, voci narranti e personaggi. Ma come parlano e come pensano questi personaggi? Se vuoi scoprire come scrivere dialoghi o rinfrescarti la memoria, in questo articolo esploriamo alcune tecniche usate da scrittrici e scrittori per far parlare, favellare, ragionare… insomma hai capito, come parlano i personaggi.
Discorso diretto e discorso indiretto
Per capire come parlano i personaggi, si parte solitamente da una distinzione che ci viene ripetuta più o meno fin dalle elementari: discorso diretto e discorso indiretto, magari in riferimento a qualche noioso esercizio di inglese. Il discorso diretto contiene le parole così come vengono pronunciate dal personaggio e sono incluse, quindi, in virgolettati di vario tipo. Si trova spesso in concomitanza con un narratore in terza persona, come nel caso della saga del maghetto più famoso al mondo:
«Io sono d’accordo con Harry» sussurrò Hermione.
«Quella bacchetta procura più guai di quel che vale» concluse Harry. Poi voltò le spalle ai dipinti. Pensava solo al letto a baldacchino che lo aspettava nella Torre di Grifondoro: chissà se Kreacher gli avrebbe portato un panino lassù. «E sinceramente» aggiunse, «ho passato abbastanza guai per una vita intera».
(J.K. Rowling, Harry Potter e I Doni della Morte, Salani)
Il discorso indiretto riporta ciò che viene detto dal personaggio utilizzando i cosiddetti verba dicendi, cioè quei verbi che indicano le modalità fonetiche del parlato come dire, chiacchierare, farfugliare, balbettare, mormorare, ecc. Nell’utilizzare il discorso indiretto, si dovrà però porre particolare attenzione alla modifica della deissi temporale e spaziale. In questo caso, il narratore può essere fedele al significato generico della frase e non alle esatte parole pronunciate dal personaggio.
Un giorno dopo l’altro, a Pietroburgo cominciarono a girare voci sempre più imbrogliate e inconsistenti. Si raccontava di un principotto idiota, di cui nessuno sapeva con precisione il nome, il quale, ereditando una fortuna favolosa, aveva sposato una francese di passaggio, notissima ballerina di can can dello Château des fleurs di Parigi.
(F.M. Dostoevskij, L’Idiota, Newton Compton)
Discorso diretto libero e discorso indiretto libero
Se aggiungiamo la parola “libero” alle due tecniche precedenti, avremo un’ulteriore ripartizione tra discorso diretto libero e discorso indiretto libero. Il discorso diretto libero può avvalersi o meno di virgolette e di verba dicendi. In questo caso il narratore viene omesso e il risultato è una maggiore immediatezza nel rapporto tra personaggio e lettore. Si ha quindi l’impressione di origliare una conversazione priva dell’intermediazione del narratore.
«Hai mai ucciso qualcuno?» Gli domandai.
«Non che io sappia».
«Che vuol dire?»
«Vuol dire che ho sparato col fucile centinaia di volte e magari un proiettile avrà anche beccato qualcuno, ma io non me ne sono reso conto».
(D. Benioff, La Città dei Ladri, Neri Pozza Editori)
Il discorso indiretto libero si posiziona a metà tra il discorso diretto e il discorso indiretto. È privo di virgolette e verba dicendi, ma utilizza una sapiente mescolanza tra narratore in terza persona e in prima persona, permettendo al lettore di avere accesso alla coscienza del personaggio. Esempi tipici sono la prosa di Giovanni Verga o Luigi Pirandello e, a livello europeo, di Jane Austen e Gustave Flaubert.
Risolse quindi di informarla lei stessa, e chiese a Mr. Collins che, tornando a Longbourn per il pranzo, non alludesse a quanto era avvenuto con nessuno della famiglia. Il segreto fu debitamente promesso, ma non fu facile mantenerlo, perché la curiosità suscitata dalla sua lunga assenza esplose in domande così esplicite al ritorno, che gli occorse non poca abilità per sventarle, tanto più che tacere rappresentava per lui un vero sacrificio, impaziente com’era di proclamare il suo amore fortunato.
(J. Austen, Orgoglio e Pregiudizio, Newton Compton).
Insomma, non basta presentare il personaggio e descriverne il carattere o l’aspetto fisico, è necessario che il personaggio venga reso credibile, assumi plasticità e sia somigliante in tutto e per tutto a un amico, un familiare, se stessi. E per fare ciò, esistono tante altre tecniche da provare e riprovare. Ma non solo. Perché non combinare, modificare o stravolgere quelle già esistenti? Chissà che poi non raccoglierai epigoni o che la tua tecnica venga ulteriormente modificata, all’interno dell’inesauribile fucina della creatività.